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Gli ETF a processo: le accuse sono corrette?

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Il trionfo a livello mondiale degli exchange-traded funds (ETF) non sembra rallentare. Ma insieme al successo arrivano anche delle critiche. Sono presenti molti miti sugli ETF. Ma cosa c’è di vero e cosa di falso?

Gli ETF a processo: le accuse sono corrette?
 
ETF e fondi indicizzati hanno ammiratori importanti. Per esempio, il leggendario investitore Warren Buffett è soltanto uno dei tanti. Non c’è da stupirsi che i prodotti di investimento passivo siano così popolari, dopo tutto, rappresentano il modo più economico per gli investitori privati per investire nel mercato dei capitali. Tuttavia, il numero dei critici è elevato e gli stessi critici sono potenti. I più grandi avversari provengono dalla distribuzione dei fondi, che incassano notevoli commissioni sui fondi convenzionali. L’Autorità inglese dei Servizi Finanziari ha scoperto lo scorso anno, che l’operatività e la distribuzione dei fondi comuni di investimento alimenta un settore industriale fra i più lucrativi in Europa. E ETF e fondi indicizzati economici non fanno parte di esso. 

E’ arrivato pertanto il momento di fare maggiore chiarezza a riguardo. Infatti, l’argomento merita un punto di vista differente, e alcuni degli argomenti dei gestori attivi sono abbastanza giustificati e comprensibili.

Di seguito le principali critiche nei confronti degli ETF:

”Gli ETF possono diventare armi finanziarie di distruzione di massa“

L’ultima crisi finanziaria del 2008/2009 ha dimostrato in modo impressionante il pericolo del collegamento dei derivati con il sistema finanziario moderno. Calcolando completamente in maniera errata i rischi e sottostimando le dipendenze dei partecipanti di mercato fra di loro, innumerevoli istituzioni finanziarie sono crollate, causando danni severi all’economia mondiale reale.

Tale scenario potrebbe ripetersi, in quanto gli ETF non replicano completamente il loro indice. Alcuni ETF invece stipulano un accordo di scambio temporaneo con una controparte. Questi swap non sono differenti dalla modalità di funzionamento degli strumenti derivati implicati nella crisi finanziaria. Anche oggi, l’emittente di ETF è ancora soggetto al rischio di controparte. Se avviene una turbolenza estrema nei mercati finanziari, è possibile che il derivato - lo “swap” - diventi privo di valore, ovvero minacciando il capitale degli investitori. Se le controparti falliscono in ampia scala, potrebbe in effetti verificarsi una reazione simile a quella vissuta nel 2008/2009.

Abbiamo osservato i punti critici. Ma cosa possiamo dire sull’accusa che gli ETF sintetici (cioè derivati) potrebbero portare al collasso l’economia mondiale? Oggettivamente è un’accusa non ragionevole e tali ETF non portano assolutamente tali preoccupazioni. 

Gli ETF sintetici già esistevano durante l’ultima crisi finanziaria. A quei tempi, gli ETF sintetici avevano una quota di mercato di gran lunga superiore rispetto a quella attuale, ma a quei tempi, il rischio di controparte non si è materializzato in modo significativo. Il 2008 e 2009 hanno rappresentato un forte “stress test” per l’intera industria, e gli ETF sintetici hanno completamente retto l’impatto. Certamente il mercato degli ETF era molto più piccolo 10 anni fa rispetto ad oggi. Ma mentre gli ETF sintetici non sono così rischiosi come spesso sono descritti, gli emittenti degli ETF hanno risposto a molte richieste dei clienti riducendo notevolmente la quantità di ETF sintetici. Al contrario, forniscono sempre più ETF che replicano fisicamente l’indice e non contengono derivati.
 
Il declino degli ETF sintetici

Il declino degli ETF sintetici

Approfondite la riduzione degli ETF sintetici e quali emittenti forniscono ancora gli ETF sintetici.
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Contrariamente a quanto sostengono molti critici, il rischio di controparte è estremamente limitato anche in casi estremi. Per legge, è limitato a massimo il dieci percento. Pertanto, non appena la differenza fra NAV (il prezzo di un ETF come determinato dalla banca depositaria) e deposito collaterale della controparte eccede il 10 percento del NAV, vi devono essere nuovi apporti per impostare il rischio nuovamente allo zero percento. Il valore del collaterale è rivalutato giornalmente. 

Il dieci percento è il limite legale per il rischio di controparte ma i più grandi emittenti di ETF hanno impostato dei propri limiti, che sono molto più stringenti. UBS, per esempio, generalmente non permette al valore del collaterale di scendere al di sotto del valore dell’indice, ovvero elimina completamente il rischio controparte. Approfondite come gli ETF sintetici mitigano il rischio di controparte nel nostro articolo.

Gli ETF si sono inoltre distinti per trasparenza in maniera molto positiva rispetto ad altri prodotti finanziari durante la crisi finanziaria. La maggior parte dei prodotti era molto confusa e complessa dato che anche gli investitori più esperti e le agenzie di rating non avevano ben chiaro quali attività rappresentassero il sottostante di tali derivati. Con gli ETF ciò è diverso: anche l’investitore privato meno esperto può vedere la lista aggiornata giornalmente della composizione sia dell’indice che del collaterale. Molti emittenti pubblicano anche la metodologia che consente o meno le garanzie collaterali. 

In un certo senso, gli ETF sono una vittima della loro stessa trasparenza. Pubblicando tali informazioni apertamente, gli ETF offrono una facile opportunità per essere criticati, ma allo stesso tempo migliorano continuamente.

”Gli ETF mettono a repentaglio la stabilità del sistema finanziario“

La performance degli investimenti puramente passivi fluttua esattamente come il mercato generale. Ciò induce i critici ad affermare continuamente che gli investitori passivi sono responsabili delle fluttuazioni del mercato. Ma ciò non è possibile, in quanto gli investitori passivi rappresentano il mercato. Infatti, sono gli investitori passivi che agiscono nel breve periodo e guidano la relativa offerta e domanda. 

La Banca dei Regolamenti Internazionali BIS ha di recente pubblicato uno studio che fornisce degli approfondimenti a riguardo. L’istituto, fondato nel 1930, è una istituzione centrale di banche centrali di 60 nazioni, e ciò assume maggior peso alla ricerca. 

Secondo questo studio, gli investitori passivi tendono ad essere orientati nel lungo periodo e rimodulano i propri investimenti con meno frequenza rispetto ai gestori attivi. Pertanto, investitori passivi contribuiscono alla stabilità del mercato. Questo è illustrato con un’analisi dettagliata degli afflussi e deflussi sui fondi passivi ed attivi. E’ opportuno sottolineare che gli investitori che speculano con gli ETF potrebbero causare afflussi e deflussi negli ETF e pertanto aumentare la volatilità di mercato.

”Gli ETF rendono tutto passivo e lento“

Cosa succederebbe se tutti investissimo attraverso strumenti passivi? Questo argomento viene spesso utilizzato per ipotizzare uno scenario macabro da parte dei gestori di strategie di investimento attive. La performance non sarebbe più utile e rilevante per i gestori dei fondi.

Dopotutto, l’idea di replicare gli indici proviene dall’ipotesi dell’efficienza informativa dei mercati e che una sovraperformance non è più possibile. Tuttavia, gli effetti sarebbero molto meno drastici di quello che si può temere: sulla base di ciò che ci insegna l’economia, i mercati di capitali sarebbero più vicini ai loro valori reali e molto meno volatili. Un’assunzione centrale dell’ipotesi di efficienza dei mercati è che tutti i partecipanti si comportano razionalmente. La partecipazione nel mercato di capitali con fine di investire e non di speculare, sarebbe un comportamento corretto; i profitti provenienti dalla speculazione non sarebbero più possibili.

Siamo purtroppo molto lontani da questo scenario: meno di un quinto della capitalizzazione globale delle azioni è investito in portafogli passivi.
 

Gli ETF non ancora governano il mondo

Molti osservatori hanno l’impressione che gli ETF dettano legge sugli eventi dei mercati di capitale, in quanto vi sono oltre 9 trilioni di dollari statunitensi investiti in ETF in tutto il mondo.
 
Tuttavia, non è questo il caso: il mercato azionario globale consiste di circa 60.000 titoli del valore di circa 115 trilioni di dollari statunitensi nel giugno 2021. Al contrario, soltanto circa 8 trilioni di dollari statunitensi sono investiti in ETF azionari, ovvero meno del 7%. E’ pertanto esclusa ogni ipotesi di prevalenza degli ETF nel mercato. I critici obiettano che tale quota è molto più alta per i titoli azionari statunitensi. Anche in questo caso, possiamo affermare che i titoli azionari statunitensi hanno una capitalizzazione di mercato di circa 46 trilioni di dollari statunitensi. Anche se la maggioranza degli ETF azionari fosse investita in titoli azionari statunitensi, la quota sarebbe sotto al quinto del totale del mercato azionario degli Stati Uniti.

In Europa, circa 1,2 trilioni di euro sono investiti negli ETF, prevalentemente in ETF azionari (fonte: justETF.com; al 31.08.2021). Tuttavia, sono investiti più di 12.9 trilioni di Euro in fondi comuni di investimento europei, dei quali 5,5 trilioni di Euro sono investiti in fondi azionari attivi (fonte: statistiche efama; al 06/2021). Le quote degli ETF sono modeste e si aggirano sotto al 10%.

”Gli ETF stanno causando significative distorsioni di capitale“

In realtà, ci sono segni misurabili che cambiamenti nei popolari indici del mercato di capitale si tradurranno in cambi nei prezzi di ETF individuali o anche in intere nazioni. Modifiche nei grandi barometri del MSCI, così come mercati “sviluppati” o “emergenti”, stanno causando maggiori distorsioni nel mercato dei capitali. Un esempio: la rivalutazione di Israele nei cosiddetti “mercati emergenti” nel 2013, che ha portato a un peso dell’indice significativamente più basso a causa dei sostanziali deflussi di capitale. Al contrario, il mercato dei capitali in Pakistan è in ripresa. La nazione è stata ammessa al MSCI Emerging Markets a metà del 2017.

I critici sostengono che questi cambiamenti sarebbero dovuti dalla decisione di un emittente di indici e non dagli attori stessi dei mercati di capitale. In realtà, tali decisioni non sono basati su pressioni politiche. Ciascun indice ha delle regole chiare per classificare azioni, nazioni e settori. Questo insieme di regole si basa su dati economici e la qualità dei rispettivi mercati di capitale, rigorosamente secondo la massima capitalista. Gli emittenti degli indici devono esclusivamente rendere questa policy pubblicamente disponibile e gli investitori, gestori di fondi speculativi contrariati e politici possono sempre leggerla. La reputazione di un emittente di un indice, il processo decisionale e la relativa metodologia è critica al suo successo nel mercato.

”Il fenomeno dei crolli improvvisi è favorito dagli ETF“

Il 24 Agosto 2015 è avvenuto un grande crollo dopo l’apertura del mercato statunitense, un fenomeno chiamato dei crolli improvvisi. Lo S&P 500 ha perso più di 5 punti percentuali del suo valore in pochi minuti. Ciò ha fatto sì che alcuni ETF a leva hanno perso quasi il 99 percento del proprio valore. Infatti, dietro l’improvviso movimento di mercato al ribasso vi erano numerosi algoritmi di case di trading professionali che operavano anche con gli ETF. Nel 2012, in un simile scenario, a causa di un errore di un algoritmo, il Knight Capital Group, noto come Market Maker sugli ETF, è diventato quasi insolvente.

”L’investimento passivo è peggiore del marxismo“

I critici dell’investimento passivo in generale argomentano che i gestori attivi svolgono un ruolo importante nel mercato globale dei capitali - remunerando società “sane”; fornendo capitale a tali imprese comprando azioni e allo stesso tempo “punendo” società cattive; privandole del capitale vendendo le azioni. I gestori attivi pertanto assicurano una corretta allocazione di capitale nel mercato. Sostengono di aver scoperto, attraverso analisi ed esperienza, alcune azioni sottovalutate e prezzate in maniera scorretta. La domanda per il titolo è in aumento, e il titolo già rientra nell’intervallo di ammissione dell’indice, che è determinato principalmente dalla capitalizzazione di mercato (prezzo per azione per azioni quotate liberamente negoziabili). Con la registrazione dell’indice, il movimento del prezzo sarà simile agli altri componenti in futuro. 

Dall’altra parte, gli investitori passivi, comprano sempre l’intero mercato senza concentrarsi sui fondamentali. All’aumentare del numero degli investitori passivi nei confronti di quelli attivi, i mercati perdono la loro abilità di allocare capitale alle società in maniera efficiente. 

Questo ragionamento sembra semplice e affascinante, ma non regge davanti a considerazioni obiettive. Deve essere ancora provato che gestori di fondi attivi possono definirsi i “guardiani del bene e del male”. Resta da provare che questi investitori hanno per davvero le capacità ed esperienza per avere una profonda conoscenza di diverse società e industrie e per poterle effettivamente considerare “buone” o “cattive”, durante il corso degli anni. Inoltre, società e gestori di fondi hanno diverse misure per definire criteri di successo, sistemi di incentivo e orizzonti. Pertanto vengono commessi errori di valutazione da parte dei gestori attivi nel lungo periodo. L’affermazione che abbiamo bisogno di gestori attivi per trasferire capitale da “cattive” società a “buone” società resta molto discutibile o errata.

Le opportunità perse per i gestori attivi e gli investitori passivi rimangono all'interno del quadro. Sia la BIS che la nota società S&P, con le sue statistiche SPIVA, sono concordi con il fatto che la maggior parte dei buoni gestori non è in grado di fornire una qualità costante e la selezione di un buon fondo basata su risultati passati provoca comunque molta incertezza. La maggioranza (fra il 60 e il 99 percento) di tutti i fondi attivi a livello globale ha performato al di sotto del relativo indice su un periodo superiore ai cinque anni. Questo è anche il caso nei mercati non coperti da ampi indici, come le società a bassa capitalizzazione o i mercati emergenti.

”Gli ETF non utilizzano i diritti di voto delle azioni"

Gli investimenti passivi potrebbero dare l’impressione che gli ETF hanno un comportamento passivo quando si tratta di esercitare i diritti di voto degli azionisti. Non è questo il caso: sulla base di un sondaggio del 2020 da justETF.com, tutti i più grandi fornitori di ETF esercitano i diritti di voto. L’esercizio dei diritti di voto non sempre risulta in linea con le direttive e le proposte del management delle aziende quotate. Poiché le aziende che gestiscono gli ETF sono tra gli asset manager più importanti al mondo, la posizione degli investitori in ETF è molto forte. I fornitori degli ETF documentano il comportamento del diritto di voto nei cosiddetti “report stewardship”. I link a questi report e anche maggiori approfondimenti sul tema sono inclusi nel nostro articolo I diritti di voto degli ETF: come influenzano le società?.

"Gli ETF sostenibili esagerano con i temi verdi”

Gli investimenti sostenibili stanno diventando molto importanti. Gli investitori privati ed istituzionali come fondi pensione e fondazioni stanno aumentando il proprio interesse per gli ETF sostenibili. Lo fanno per diverse ragioni: convinzioni morali, gestione del rischio e così via.
 
La gamma di prodotti ETF è tanto diversificata quanto i relativi obiettivi degli investitori associati agli investimenti sostenibili.I fornitori degli indici determinano quanto è sostenibile un ETF e quali valori esclude. Ad esempio, gli indici MSCI SRI sono molto severi ed escludono tre quarti di tutti i titoli. Vi sono vari criteri di esclusione applicati. Tuttavia, ci sono molti indici che sono molto meno severi con i criteri di sostenibilità. Tuttavia, poiché le descrizioni degli indici sono pubbliche e il portafoglio di ciascun ETF può essere visualizzato da tutti, vi è una completa trasparenza con gli investitori. Ciò è in contrasto con molti fondi a gestione attiva, i cui portafogli non sono pubblici.
 
Potete approfondire la conoscenza sugli investimenti sostenibili con gli ETF nel nostro articolo Investimento sostenibile. Tutte le famiglie degli indici e le esclusioni utilizzate possono essere trovate nella nostra guida agli investimenti I migliori ETF globali per l’investimento socialmente responsabile.

”Gli ETF riducono il rendimento del portafoglio“

Studi di Utpal Bhattacharya et al. hanno dimostrato che la performance dei portafogli degli investitori privati attraverso gli ETF si deteriora al posto di aumentare. 

Questo è vero, ma non è completo: gli ETF sono spesso equiparati con gli investimenti passivi. In realtà, non sono la stessa cosa. Di fatto, gli ETF sono stati inventati per investitori istituzionali che possono investire in determinati settori o paesi o regioni a basso costo.

Tuttavia, alcuni investitori al dettaglio sono sedotti dalla facile negoziabilità degli ETF per effettuare operazioni a breve termine. Le correzioni dei prezzi possono anche essere particolarmente forti in quanto gli investitori privati si fanno rapidamente prendere dal panico in questi momenti e abbandonano i loro ETF. Tuttavia, il tentativo di sfruttare le tendenze del paese o del settore a breve termine non ha nulla a che fare con gli investimenti passivi. Quindi il problema non sono gli ETF, ma il modo in cui gli investitori utilizzano questi strumenti.

Con gli ETF, gli investitori investono facilmente e a basso costo in un mercato intero o anche in tutto il mondo. Se seguite il classico approccio buy and hold, potete tranquillamente ignorare questi studi.
 
Portafogli ETF vs portafoglio di fondi attivi

Portafogli ETF vs portafoglio di fondi attivi

Approfondite perché i portafogli ETF sono in vantaggio in questa competizione.
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Gli ETF non sono perfetti, ma rappresentano il miglior investimento a lungo termine per gli investitori privati

Gli ETF non sono perfetti. Nessuno strumento di investimento lo sarà mai. Tuttavia, i fondi indicizzati per investitori privati sono attualmente il miglior investimento a lungo termine. La scienza ha ripetutamente dimostrato negli ultimi decenni che nessun altro strumento di investimento può tenere il passo in termini di rischio e rendimento. Tuttavia, finché ci saranno società di gestione attiva la cui esistenza è minacciata dagli ETF, le critiche agli ETF non diminuiranno.
 
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